Colgo al volo l'invito che mi ha rivolto Adventureaddicted nel thread su Feeble Files e vi ammorbo con una mia (sintetica, tranquilli...) presentazione.
Gioco con i videogiochi da quando per arrivare alla manopola (allora il termine "joystick" manco sapevo esistesse) di space invaders del bar sotto casa dovevo salire in piedi su una cassetta di spumarancia. Invidiavo gli amici possessori "dell'Atari" e in mancanza di una console tutta mia sbavavo sulle pagine del catalogo Mattel Intellivision (gli sport tridimensionali!).
Quando i compagni del cortile mi descrissero la varietà di fasi che si attraversavano nel nuovo gioco spaziale che avevano appena portato al bar dove prendevamo sempre il ghiacciolo tricolore stentavo a crederci: prima la fase con i missili, poi la pioggia di meteore, le astronavi che si muovevano ad onda, il labirinto... e dovevi pure colpire con le bombe i serbatoi "del fuel", sennò finiva la benzina e addio navetta! Da quel giorno il ghiacciolo dovette spartire con Scramble molte delle mie monetine.
Un'estate al mare un ragazzo che a me bambino pareva inconcepibilmente perspicace mi spiegò che a Crazy Kong (da noi solo i bootleg!) si comandava l'omino che doveva salire e saltare i barili, non lo scimmione che li lanciava. Passai la sera a guardalo giocare incantato, schermo dopo schermo, sicurissimo che così bravo a giocare non lo sarei diventato mai. E mi innamorai dei platform.
Dopo infinite richieste arrivò la mia prima console: un fiammante Colecovision di importazione che mio padre mi portò ad acquistare in un negozio di via Vitruvio a Milano, scovato sulle pagine di Videogiochi. Da allora Mario cominciò ad affaticarsi per salvare la fanciulla sullo schermo della mia tivù, assieme all'astronave di Zaxxon o a Lady Bug nel suo labirinto.
Gli anni passavano, i pixel diventavano sempre più piccoli e le immagini sempre più dettagliate. Ghosts'n'Goblins ha riempito una memorabile mattina di metà inverno, validissima alternativa ad un'interrogazione di greco per cui non avevo studiato abbastanza.
Intanto era arrivato anche il primo computer, un Vic 20 ormai sulla via del tramonto: ma ancora validissimo per imparare il basic, "la lingua del futuro"! Ed eccomi a scervellarmi sui libri di Rita Bonelli nascosti sotto il Castiglioni Mariotti (tanto la versione di latino potevo copiarla il mattino appresso prima di entrare in classe), per capire il programma che faceva comparire una pallina rimbalzante sullo schermo. Ma l'appetito vien mangiando e presto il Vic 20 mostrò tutti i suoi limiti, nonostante l'espansione da 16K che rese felice un mio lontano Natale: fece quindi il suo ingresso trionfale in casa mia un nuovissimo Commodore 128, l'ultimo regalo che mio padre riuscì a farmi poco prima di morire.
Da lì in poi gli anni furono meno spensierati, ma la passione per quei mondi fantastici che prendevano vita spostanto un interruttore non mi abbandonò mai. A volte venivano da un Megadrive, altre da un'Amiga, altre ancora da un Super Nintendo, ma la meraviglia era sempre la stessa.
Ora come ora non disdegno una partita a Resident Evil 4 o qualche livello a Super Mario Galaxy, ma lo sguardo all'indietro mi capita di rivolgerlo spesso. Così sul mio PC gira più di frequente il MAME che non COD4, lo Snes9x viene lanciato molto più di Crysis. E non è raro che la sera, con i rispettivi DS, ci si affronti in combattutissime partite a Tetris, la mia compagna ed io.